lunedì 12 maggio 2014

GILGAMESH

di Letizia Russo
regia di Pietra Selva
scene e costumi Massimo Voghera, Enrica Campi
light designer Enzo Galia
arrangiamento musicale Alessandro La Barbera
video Enrico Catalano
visto giovedì 8/05/14 al Teatro Astra.

Il mito di re Gilgamesh, come tutte le storie che hanno attraversato le ere, risveglia in ognuno l’atavico e primigenio bisogno della narrazione: "è sempre in viaggio l’uomo" – ci suggerisce questo bisogno – "e solo dopo aver accettato la vanità dei suoi sforzi giungerà alla comprensione della vita".  
Letizia Russo e Massimo Verdastro – che è anche Gilgamesh vecchio, Utanapisti, l’uomo dalla vita eterna per “dis-grazia” divina,  Hubaba guardiano della foresta dei cedri e la prostituta sacra che inizia Enkidu al sesso –  liberano dalla pietra e dalla sabbia l’antichissimo poema sumero e lo adattano per il palcoscenico non risparmiandogli una rilettura in chiave moderna e ironica – da comicità televisiva – poiché le grandi domande son sempre attuali e in un certo senso ci rendono, noi tutti – uomini di quattromila anni fa come di oggi – un branco di poveri sciocchi.
L’epicità resta e l’atmosfera ancestrale pure. La regia sceglie di narrare il racconto in terza persona dando ai personaggi tratti spiccati ma mantenendo in loro quel distacco tipico delle figure mitiche –viaggiano su praticabili mobili come antiche sculture su piedistalli. Anche la scelta di neutralizzare il più possibile lo spazio a suo modo funziona. Niente realismo, a che servirebbe? Si tratta di epica mica di Storia. Non serve vedere le mura di Uruk, le parole raccontano, la mente  immagina, altrimenti si può restare sospesi in un non luogo, va bene lo stesso.
Particolarmente suggestive sono la regia luci e la traccia sonora che in coppia creano la giusta atmosfera onirica. I costumi non sono da meno, uniscono l’arcaico e il tribale al moderno, ricordando in certe sfumature i costumi di Danilo Donati nei film di Pasolini.

FC

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