GIOCATEATRO 2013: XVII edizione


RIFLESSIONI PERSONALI


Realizzare spettacoli per bambini è sempre un’ impresa ardua: non solo devi creare qualcosa di bello, che catturi l’ attenzione, ma soprattutto devi ragionare con la testa di un bimbo ed essere semplice e reale. I bambini non applaudono, se uno spettacolo è bello o brutto lo capisci dall’intensità delle risate oppure dal totale silenzio, che li cattura e li fa sognare. Il loro giudizio conta molto e vedere bimbi che si avvicinano al mondo teatrale in tenera età è sempre una gioia per il cuore. Ricordo la prima volta che mi avvicinai all’ arte… Ero alle elementari e vidi, per la prima volta una mostra di Chagall: ricordo ancora quelle figure strane davanti i miei occhi e la gioia che mi provocò. Ricordo che custodii gelosamente il volantino della mostra e credo di averlo ancora tra le mie cose (disordine permettendo!). Io spero sempre che a tutti i bambini del mondo capiti una cosa simile alla mia e cioè di essere folgorati da qualcosa di sublime in tenera età, quando si sogna ancora il Babau e la prima elementare ci sembra ganzissima. Per vedere se uno spettacolo è bello o brutto bisogna sottoporlo all’ attenzione di un bimbo: fidatevi che sarà sincerissimo e se è brutto, lo dirà apertamente senza troppi giri di parole. Dovrebbero farlo anche parecchi grandi, prima di portare opere in teatro! Si eviterebbero molti spettacoli brutti e noiosi(a mio avviso).

                                                                                                                                                       CV


QUATTRO CHICCHIERE CON GRAZIANO MELANO
direttore artistico del FESTIVAL GIOCATEATRO

16 Aprile 2013


QUATTRO CHIACCHIERE CON
SILVIA ELENA MONTAGINI,
interprete di "ANTARTICA- LO STRAORDIANARIO VIAGGIO DI SHACKLETON"

  

QUATTRO CHIACCHIERE CON GIMMI BASILOTTA, interprete di "VIAGGIO AD AUSCHWITZ A/R"
Purtroppo a causa di un problema tecnico non è possibile proporre la ripresa video della bella ed interessante chiacchierata che Alessio (il quale ancora ringrazia) ha avuto questa mattina con Gimmi.
Chiediamo scusa, soprattutto al diretto interessato, che avrebbe voluto vedere il video.

ALESSIO: Come sta la betulla? Quella di Birkenau?
GIMMI: Sta benissimo. Con loro ci sentiamo (intende la famiglia che ha donato un pezzo di cortile per piantarla).
C'è una storia splendida a proposito di questa betulla, che... Non s'ho se conosci i ragazzi della "Terra del Fuoco" di Torino? Che loro organizzano il "Treno della Memoria"? Allora ci siamo sentiti, al ritorno dal viaggio, gli ho raccontato tutta l'esperienza eccettera. Davide, come si chiama?Toso? Insomma ci siamo sentiti, poi lui è andato giù per organizzare il Treno della Memoria, non di quest'anno quello dell'anno prima. Era i primi di febbraio del 2012 ed ad un certo punto era con questi amici polacchi e ha detto: "Aspettate!Aspettate!Dobbiamo fare una deviazione." Così sono andati fino a vedere come stava la betulla e portare il saluto alla famiglia. Ma noi con la famiglia ci sentiamo, la betulla sta benissimo cresce.
Ci tenevo a chiedere.
Sai che è nata una comunità di detentori di betulle? Che su internet ci scambiamo notizie. "E' venuta un pò gialla e allora metti questo"
gli ha dato i riferimenti per dargli i concimi per far ripartire bene. Però è bello perchè abbiamo questa storia di betulle che continua.
E poi da tutte queste terre che ho raccolto...
...i concimi di tutta Europa
un pò appunto l'abbiamo messa a concimare questa (riferito alla betulla di Birkenau)il resto lo abbiamo portato via e ho fatto una mostra che è diventata una storia. Una storia lunga cinquanta metri dove ci sono le terre insieme a degli oggetti che abbiamo raccolto per strada, nei cassonnetti della spazzatura eccetera, camminando, che sono diventati contenitori di questa terra. C'è questo percorso "papapa" e ci sono ogni tanto, ogni due o tre oggetti c'e un pezzo di pensiero, riflessione ed è venuto un altro modo per restituire cammino.
Prima tu dicevi, (Gimmi ha appena finito di parlare ad alcune classi di studenti): in uno spettacolo in cui l'attore si mette il suo costume è qualcun altro, tu hai messo penso il giubbotto del viaggio? e il cappello?
Sì, il cappello sì. E le scarpe sono quelle che ho adoperato, rappresentano i miei figli, per questo le ho riprese...
Sì, probabilmente io, come dire: il problema è, proviamo a parlare in terza persona di quella persona che ha fatto il viaggio. Io ogni tanto provo questo piccolo gioco e allora dico: ma quella persona che ha fatto il viaggio pensando di, come dire, dominare la bestia, dice con questo viaggio mi redimo dalla mia bruttezza, trovo...probabilmente questa persona è sconfitta.
Io dico sempre questo. Nel senso, la bestia continuo ad avercela che mi roede dentro. Quello che è cambiato forse è, come dire, il fatto che in qualche modo hai una consapevolezza diversa di poterla gestire, di poterla accettare, ecco, forse la accetta di più.
Ed è una roba che nasce poi da quella considerazione di dire: effettivamente anche i tuoi personalismi i tuoi particolari si sciolgono, si controllano, si livellano ed è più facile da governare.
Quindi! Ogni tanto io faccio il gioco di parlare in terza persona poi è difficilissimo, cioè, sì, metto gli abiti del viaggio ma in realtà è una roba che talmante...oramai nel mio cervello...Quando dico questo viaggio mi ha cambiato, nella vita ma anche proprio nel quotidiano mi ha cambiato. E' una roba che sento assolutamente intrecciabile...
Il pubblico lo sente.
e lo so.
Dopo lo spettacolo ieri(18aprile), scambiando opinioni con il pubblico, dicevamo: "E' lui che racconta e lo spettacolo è forte proprio perchè è lui che racconta"
Si, non avrebbe senso fatto da un attore. Infatti me ne rendo conto. E' una che è difficilissima anche trovargli uno stile.
Io infatti continuo a cercarlo, io non sono ancora convinto che sia il modo giusto di raccontare sta roba perchè in alcuni punti mi verrebbe da essere più lontano, essere più narratore, in altrio momenti...Ho sempre paura di cadere nella dimensione dello psicogramma ma nel senso di raccontare i cazzi miei, come dire, che però entrano in una dimensione per cui tu spettatore dici mi stai raccontando questa roba ma perchè me la racconti? E allora cercavo sempre di trovare una via di mezzo tra l'essere un narratore e mettere in gioco i miei sentimenti; solo che non è facile. Basta lo sguardo di uno spettatore che mi viene da...è vero non c'è mai uno spettacolo uguale all'altro, ogni volta è un nuovo spettacolo, arrivo alla fine e sono molto carico da una parte e molto svuotato dall'altra, mi sento proprio risucchiato.
Ieri ci siamo immedesimati quando dicevi: "Arrivo ad Auschwitz e sono deluso"
Quella roba lì, è anche blasfemia io mi rendo conto, ma rispetto alla concezione ortodossa di quel posto, io sono veramente critico poi mi fa piacere che sto scoprendo che non sono l'unico, anche a livello di studiosi e questa cosa mi rincuora.
Noi ci siamo anche arrivati con una pigna da settantasei giorni di cammino, con una motivazione, un'incazzo, tutta una serie di robe nella pancia che entrare dentro in quel modo è stata la roba più devastante; mi avessero asfaltato con le bettoniere sarebbe stato meglio. Eravamo tutti annichiliti, noi hai parole, anche perchè eravamo 100 tutti i cuneesi, una guida davanti ed una dietro, cinque metri dopo i francesi, altri cinque metri i giapponesi: vedevi passando. Capivi che era un tempo diverso, un ritmo diverso, veramente dilaniante. Dopodichè siamo andati il giorno dopo a rivederlo e in qualche modo ci siamo riappaccificati, anzi devo dire che non è stato così...però è un posto duro con una concezione che io non so se è legittima. Perquanto tu faccia vedere l'inenarrabile, l'indecibile e impedibile quello che è successo lì, mi chiedo se quella quantità di roba che butti li e quantità necessaria. Le cose dietro le vetrine davvero perdono completamente l'umanità. E' giusto raccontare la disumanizzazione di quel luogo mentre stai tu stesso disumanizzando quello che stai presentando?Non sarebbe molto più simbolico avere un capello?Invece di questa montagna messa ad oc con gli specchi, ne metti uno e dici: "C'erano 70miliardi, non so, di fili di capello come questo."
Perchè davvero,il vuoto di Birkenau lo riempi tu, non hai bisogno di nient'altro che di te stesso.

Ad Auschwitz ci sono tre campi: Auschwitz 1 che appunto è il museo, Birkenau e Mònowitz che è quello di Primo Levi.
Primo Levi non c'è più nulla, c'è un prato con un pò di alberi in mezzo ai palazzi come se fosse veramente un parco giochi di Torino o della periferia, senza giochi, ma io ho trovato più comunicativo quel posto li, perchè alla fine mi ci sentivo Primo Levi intorno, dentro le cose che raccontava, un pezzettino di cemento, l'ultimo muro che resta per me quella roba lì evocava.
Camminando siamo andati anche a Mauthausen, e nel percorso abbiamo toccato una serie di campi satelliti fra cui Gusen vicino a Linz che è un posto agghiacciante, non c'è più nulla è uno spazio relativamente piccolo, per rendere Piazza Solferino, tutt'ora ancora recintato dal filo spinato dentro ci sono solo degli alberi dei pini altissimi. In quel posto sono morti, di sete e di fame, 1103 ungheresi, nel senso che, durante una delle marce della morte, quando Auschwitz è stato liberato, man mano svuotavano i campi verso Mauthausen (l'ultimo che sarà liberato), non riuscivano più a portarli, hanno chiuso questo posto qui, hanno messo la corrente elettrica, li han lasciati lì e lì sono morte 1103 persone di sete, fame e tifo.
Ora!In questo posto non c'è nulla se non questi alberi altissimi che grondano resina, io mi farò suggestionare ma veramente ti sembrava che gli alberi piangessero. Non so, arrivi ad Auschwitz e vedi quella roba li e ti schianta.
Ti racconto ancora questa cosa perchè a noi ha colpito.
Il secondo giorno che siamo andati li, siamo riusciti a fare un giro da soli senza guide, ad un certo punto arriviamo davanti ai crematori, c'erano due ragazzini metti diciasettenni/diciottenni, che davanti al crematorio si baciano e si fanno una foto. E'quella roba che tu la guardi e dici: "Ma che cazzo stai facendo?". Io poi, non per l'ufficio giustifiche, ma un ragionamento che mi è venuto da fare è che anche quello un modo per superarlo quel posto, perchè così violentemente duro che forse quello è un modo per, in qualche modo afferrarlo, per magari dire ci sono stato, trovare una via di comunicazione perchè un posto come quello riesce a comunicare e poi è drammatico, perchè se non ci comunichi è una roba che ti prende alla pancia in quel momento ma poi non cambi comportamenti, ti fa sentire un po' più buono perchè sei andato in un posto dove c'erano quelli che hanno sofferto tanto dopodichè...
Ora, dopo questo discorso, come nasce l'idea? (indicando la scena)
Dunque, nasce dalla collaborazione con Luciano Nattino che mi ha fatto la regia dello spettacolo nel senso che, io ho cominciato a scrivere ad un certo punto dopo quattro mesi che non scrivevo più. Ho fatto un'altro cammino d'estate con mia moglie, il figlio più piccolo ed il cane, che proprio è stata la vacanza da Trapani ad Agrigento camminando lungo la spiaggia per 15 giorni.
Quando sono tornato ho cominciato a scrivere del viaggio, e ho scritto e ho scritto, pagine e pagine, e ad un certo punto con tutta questa roba a Luciano con cui sono amico gli ho detto: "Mi dai una mano? Io ti faccio vedere sta roba, vorrei tirarci fuori uno spettacolo ma non so da che parte cominciare". E allora lui si è messo lì, ha letto tutto quanto, insomma lo abbiamo un po' ristritto in parte insieme, mi ha proposto dei punti, ha cambiato anche disposizione dei racconti e poi eravamo lì con questo testo.
Come cazzo fai a raccontare una storia di un cammino in un posto dove tu sei fermo? E ad un certo punto è lì che, lambiccandoci le cose: "E se noi la facessimo con qualche cosa che facciamo vedere?" e da lì è venuta fuori l'idea degli assi. Poi dagli assi cosa fai la spirale, poi ci dai tutti i retropensieri dopo: "La spirale quella cosa della vita, quella cosa che crechi e non arriva mai".
In realtà si trattava, da quell'intenzione, di trovare una chiave per raccontare da fermi una storia di un cammino dove il cammino è fondante. L'intuizioni di quando butii idee alla cazzo e ad un certo punto: "Gli assi!" "E cosa ne facciamo degli assi?" "Potremmo metterli in fila, però..." e poi...siamo arrivati a questa cosa. E quindi è nata un pò così, anche casuale ma il teatro tante volte ha una sua, come dire, dimensione assolutamente di occasione. Boh!, è venuta in quel momento, non fosse venuta in quel momento, te la saresti persa per sempre probabilmente.

GRAZIE!



B COME BABAU
Nonsoloteatro
Di e con Guido Castiglia
Regia: Fabrizio Cassanelli
Collaborazione all' allestimento: Marina Giacometto
Realizzazione elementi scenici: Violetta Viassone, Franco da Tregnago
Musiche: Pascal Comelade, Sergio Taglioni
Distribuzione: Claudia Casella
Tratto da "il Babau" di Dino Buzzati


E tu hai paura del Babau? Tutti abbiamo un Babau, uno strano mostro che si trasforma, enorme, ma con gli occhi dolci. La storia è semplice: un bimbo, molto piccolo e birichino che fa degli strani sogni. Ha le sue paure, come tutti i bambini del mondo, ma è anche molto coraggioso ed è pronto per affrontarle. Tratto dal racconto “Il Babau” di Dino Buzzati, è una storia dolce ed educativa. I bambini seduti in prima in fila interagiscono e sono attentissimi: ad uno di loro non sfugge che, non si sta elencando l’ alfabeto, ma solo le vocali! Guido Castiglia, il nostro cantastorie, è un ottimo intrattenitore di bambini e i piccoli ringraziano ridendo. Prima di entrare ci hanno consegnato una dispensa di approfondimento e questo ci fa capire come lo spettacolo fosse studiato, per i piccini, ma anche per chi non ha più paura del Babau.
"Poggiando quindi i piedi sulla terra solida della realtà odierna dei bambini e delle bambine, ma allo stesso tempo mantenendo la testa nella nuvola dell' immaginario, è stato realizzato un racconto scritto, base importante per una drammaturgia che non lasciasse, nella sostanza, nulla di improvvisato"

                                                                                                                                                        CV


PER QUESTO!
Compagnia: La Bonaventura
di Lucio Diana, Eleonora Mino, Davide Viano
con Eleonora Mino
Scene e luci: Lucio Diana
Collaborazione alla messa in scena: Roberta Triggiani
Responsabile tecnico: Eleonora Diana
Promozione: Silvia Limone
Tratto dal libro: "Per questo mi chiamo Giovanni" di L. Garlando


L’ idea di base è molto interessante: un pezzo di storia italiana paragonata a un episodio di bullismo a scuola, peccato per la troppa presenza di retorica. Più che uno spettacolo teatrale, sembra una sceneggiatura per un film, creata apposta per commuovere. Il tema affrontato è scottante, che ancora oggi brucia: la vita e la morte di Giovanni Falcone. Tratto dal libro “ Per questo mi chiamo Giovanni” di L. Garlando, lo spettacolo è ben strutturato: un giorno al mare di un padre e sua figlia che diventa un viaggio nei ricordi di un genitore che vuole tramandare alla sua bimba gli atti eroici di quel magistrato che morì per aver fatto bene il suo lavoro. Il ricordo del padre si intreccia con la storia della figlia che a scuola è sottomessa dall’ arroganza di un bullo ed ecco che tutto si divide: ci sono solo i buoni e i cattivi. La scelta di spiegare episodi con metafore è buona, ma paragonare il bullo alla mafia, forse può essere azzardato, ma almeno ha il vantaggio di entrare subito nella mente dell’ adolescente. Ottima idea quella di far scoprire questi temi ai ragazzi d’ oggi. Peccato che si sia scelto di sviluppare in questo modo il tema della mafia e della giustizia, usando 'frasi fatte'.

                                                                                                                                                         CV

ERA- SONETTO PER UN CLOWN - MAGDA CLAN
Visto presso lo Chapiteau al Parco Cavalieri di Vittorio Veneto il 18 aprile 2013


Alla casa del Teatro ragazzi sono terminati gli spettacoli della giornata, in cortile si forma la carovana diretta allo chapiteau di Piazza d'Armi. Io sono in bici. Alle 21 entriamo sotto il tendone e troviamo di fronte a noi un morto nella bara, è il clown con affianco colui che appare l'amico di sempre in camicia.
Lo guarda, lo sfiora, accende e spegne fiammiferi. Intanto tutti abbiamo preso il nostro posto a sedere gli mette le scarpe ai piedi ed il naso rosso nel taschino della giacca. Arrivano quattro portantini ed andandosene portano via la bara.

Buio.
Torna la luce, al centro dell'orchestra (dello spazio scenico) una scarpa come quelle che dovrebbe indossare il clown. Tutti la guardano, cade una corda ed ha inizio il primo affannato numero di questo percorso in cui emergono temi come la vita, la morte, il denaro nel quale però l'acrobatica fa da padrona.
Sei gli artisti in scena, sette con il morto.
Personalmente taglierei alcuni momenti e asciugherei la "cornice", ma il livello è altissimo e le evoluzioni lasciano qualcuno senza fiato. Muro(?), monociclo, scale, palla(?) si alternano sul palco, ed è nel momento quando questi attrezzi si incontrano che io rimango senza fiato; la palla trainata dalla scala a divenire una carretta. In "ERA" le musiche non fanno altro che contribuire a rendere protagonista il pubblico ormai "perso" nella storia.
Termino accettando l'invito a promuovere lo spettacolo che rimarrà al Parco Cavalieri di Vittorio Veneto fino a domenica 21 aprile.

AN


         
VIAGGIO AD AUSCHWITZ A/R
Compagnia IL MELARANCIO. Visto presso Casa del Teatro Ragazzi e Giovani il 18 aprile 2013

Mentre il pubblico entra in Sala Piccola riceve ognuno una parola di quelle settantasei che Gimmi Basilotta, interprete di questo monologo, scrisse sul proprio diario di viaggio.

Gimmi è una persona che ricorda una passeggiata organizzata con l'amico fotografo Maurizio, fatta in compagnia dei suoi due figli e che fin da bambino aveva l'idea di compiere.

Camminare vuol dire andare avanti ed andare avanti vuol dire vivere. 2milioni 400mila passi (PASSO è la parola che io ho ricevuto dalle mani di Gimmi) mossi per ripercorrere il viaggio di ventisei ebrei cuneesi, partiti da Cuneo e deportati ad Auschwitz il 15 febbraio 1944. Settantasei giorni di viaggio. Ad ogni tappa il gruppo pianta una betulla e raccoglie un po' di terra. Gimmi all'inizio del suo racconto è seduto su assi di legno che diverranno la strada percorsa. 
Auschwitz li delude, non possono accettare il fatto di avere un paio di cuffie come guida.
Il posto delle betulle sarà la meta che si aspettavano, la terra di tutta Europa farà da concime all'ultima betulla piantata. E' questa l'ultima traccia di questo cammino. Davanti a questo pezzo di storia purtroppo Sara, invece di ripetere il suo numero, senza cogliere la forza di questo racconto ha riso.
AN


                                                                                                                            Firmato 11051717913


AVREI VOLUTO ESSERE JACQUES COSTEAU
Andrea Roncaglione

Divertente. Oddio, quanto ho riso! Avevo le lacrime agli occhi. E non mi capitava da un po’. Dietro l’ironia e la goliardia, però, c'è "un'équipe di danzatori, attori, rumoristi e musicisti" mica da ridere. E la con la qualità che si fa ridere, e con un pizzico (abbondante) di assurdità. E l’imperturbabile serietà di tutta l'équipe drante lo spettacolo. Elementi pochi e grezzi, di cartapesta per lo più (meravigliosi occhiali 3D) qualche strumento, un po’di trascuratezza nei costumi. Perché questo è lo spirito. Ed è quello giusto.Plausi. Plausi. Ancora plausi. Chapeau.
                                                                                                                                                            
                                                                                                                                                          GM


SENZA PAROLE
Il gioco del lupo/Teatrodistinto
ideato e diretto da Daniel Gol, Luara Marchegiani, Alessandro Nosotti

Delizioso. Senza parole né voce, bei movimenti, begli elementi scenici, bella storia. Bello tutto. 
Devo scrivere altro?
Pupazzi fischianti, bambini che ridono. Come matti. Per un paio di scarpe, appoggiate su vassoio elegante.
Un maggiordomo alle prese con un padroncino arrogante. E qual è il tema, il nocciolo? Tutto ruota intorno alla rabbia. Che dobbiamo fare con questo sentimento fastidioso? Contenerlo? Ingabbiarlo o sfogarlo?
La poesia della semplicità. Che ci salverà. Forse.
GM


AIUTO - "Apriti cielo!"
Apriti Sesamo/ Reframe/’O Zoo No
Un idea di Simona Blama Mion e Paola Chiama

Sorvoliamo sul fatto che uno spettacolo per bambini dai due anni in su non può durare un’ora.
Sorvoliamo. Ma vogliamo proprio sorvolare? Su una cosa così importante? Va bene, va bene, ho detto che avrei sorvolato, e sorvolo.
Partiamo, allora, dal fatto – puramente soggettivo -  che a me le proiezioni non piacciono. Non mi piacciono, a meno che non siano assolutamente perfette, millimetriche, tempestive. Che poi, diciamocelo, non succede mai.  Cioè, le posso contare sulle dita di una mano le volte che in uno spettacolo “proiettato” (che poi, per proiettare, non basta il cinema? Vabbè, sorvoliamo anche su questo) le cose sono filate lisce, lisce e in cui le suddette fossero decenti. Le proiezioni sono rischiose.Vanno usate con cura e misura. E in questo caso, spiace dirlo, non c'era cura né misura. Anche perché, lo spettacolo, è fatto solo di proiezioni. Solo proiezioni e una sola solitaria danzatrice vestita di bianco che interagisce con le maledette. Se almeno il bianco dei vestiti fosse stato uniforme (non una camicia bianca di cotone su pantaloni lucidi e cuffietta da Biancaneve), se almeno la linea dei disegni fosse stata sempre la stessa. Se almeno si fosse fatta una scelta cromatica, invece di mettere insieme un’accozzaglia di colori. Se almeno non si pensasse che ai bambini si possa propinare qualunque cosa.
Va bene, basta. La smetto.
                                      
GM


L'ORA FELICE
Compagnia Arno Klein. Visto presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani il visto il 17 aprile 2013
Sarebbe meglio chiamarla “l’ora infelice”, perché quando l’artista trova l’ispirazione il mondo intero si intromette per impedirle di dipingere un vaso di girasoli, che si tratti del telefono che squilla, di una mosca fastidiosa o della cameriera pasticciona che facendo le pulizie cancella il lavoro appena fatto. Tra una distrazione e l’altra il quadro non si farà certamente da solo… e invece sì. Sulla superficie di una grande tela bianca si verificano misteriosi e inspiegabili fenomeni pittorici, colori primari giocherelloni, linee impazzite, sagome di navi, fiori e farfalle che si alternano sulla tela. L’arte nasce dal nulla e all’insaputa dell’artista, che vedendo un tale trionfo di linee e colori finirà per prendersi il merito dell’opera senza porsi troppe domande.
L’ora felice della Compagnia Arno Klein ha l'obbiettivo, attraverso il teatro, di divertire i bambini con i colori e le forme, come un primo approccio alle teorie di Paul Klee.

FC 




TWIRIBò, L'ENERGIA e L'INTEGRITA' DELLA TERRA
Una produzione Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani- Teatro Stabile d' Innovazione
Regia di Giorgio Donati
Di e con: Olivia Ferraris e Milo Scotton
Costumi: Colomba Ferraris
Scenografie: Martino Canavese, Chandy De Falco, Massimiliano Colangelo
Luci: Emanuele Vallinotti



Numerosi bambini occupano i primi posti della sala, ma anche i più grandi si sono goduti lo spettacolo. “Twiribò” della compagnia Milo e Olivia-Circo Teatro Comico Poetico inizia con l’esito di un esperimento mal riuscito, ma non un esperimento qualsiasi: si deve salvare il pianeta Terra e il tempo scorre veloce. Attraverso gag e numeri di giocoleria vengono affrontati temi come l’espansione del buco dell’ ozono e gli effetti del gas serra. Con“un po’ di pioggia e un pizzico di neve” i due scienziati pasticcioni vanno dritti per la loro strada. La scena è composta da elementi essenziali e funzionali alla storia. L’ effetto creato dalla mescolanza di luci e suoni è ottimo. Una serie di sfortunati eventi, ma divertenti, creano uno spettacolo senza una vera e propria storia di base: l'esperimento è il pretesto per cimentarsi in numeri di giocoleria e luci che divertono i più piccini. I bambini ridono e applaudono anche durante le esecuzioni delle performance circensi. Il lieto fine si avvera, accompagnato dalle note di Vinicio Capossela: una chicca per i più grandicelli. Forse i tempi erano un po’lunghi, ma per intrattenere i bambini ci vuole tempo e pazienza. Da menzionare l’ assenza di Milo Scotton a causa di un problema fisico, sostituito egregiamente da Louis.

CV


IL PRINCIPE FELICE e la rondine d'inverno
Compagnia Coltelleria Einstein. Visto presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino il 17 aprile 2013
Il Principe è una sagoma in rete di ferro, i fari la illuminano di rosso e attraverso la griglia intravediamo il suo prezioso cuore. In basso, davanti al pubblico, la città: una fila di casette, sempre fatte con griglie di ferro, che il principe osserva immobile. Sembra un’installazione di arte contemporanea, nella sua essenzialità la scenografia è molto suggestiva.
Tutto il resto suscita invece qualche perplessità. Lo spettacolo resta fedele ai fatti narrati nel racconto di Oscar Wilde, a parte per l’inserimento di un personaggio nuovo, necessario per permette a Giorgio Boccassi e a Donata Boggio Solama di stare in due sul palco. L’obbiettivo è quello di alleggerire e prendere un po’ in giro una storia effettivamente pesante, per un pubblico di bambini, con della sana comicità. Ma il risultato è quasi ridicolo.
La favola del Principe Felice diventa una barzelletta, un pretesto per mettere in scena i balletti bizzarri e i siparietti comici dei due uccelli un po’ svitati. Senza dubbio ci sono momenti esilaranti, ma del Principe quasi ci si dimentica, non si percepisce la gravità delle pene della povera gente, e la rondine non sembra tanto morente. Tutta la poetica del racconto viene demolita da parentesi a volte superflue. Come si può prendere a cuore i discorsi di una statua piagnona che, quando piange appunto, spruzza acqua a zampilli attraverso due tubi di plastica ai lati degli occhi. Sarà una gag divertente per i bambini ma il troppo stroppia.
Il risultato è uno spettacolo che non trasmette nulla. E mentre il Principe elenca con voce volutamente ironica le atroci punizioni che la piccola “formaggiaia”dovrà subire dal padre violento se non porterà a casa qualche soldo, la domanda che affiora è come una cosa di così cattivo gusto possa far ridere in molti tra il pubblico. Evidentemente la comicità del momento mi è sfuggita.
Sarebbe stato interessante raccogliere le opinioni dei bambini, ma purtroppo si trattava di una rappresentazione riservata ai soli operatori professionali.
FC

PIPPI CALZELUNGHE: un mito senza tempo
visto presso la Casa Teatro Ragazzi e Giovani di Torino, il 17 Aprile 2013


Tutti, nella nostra infanzia, abbiamo conosciuto la signorina Pippilotta Viktualia Rullgardina Succiamenta Efraisilla Calzelunghe, meglio conosciuta come Pippi Calzelunghe, un personaggio entrato a far parte dell’immaginario collettivo, grazie soprattutto alla storica serie televisiva.
Ancor prima di entrare in teatro si intuisce che lo spettacolo, presentato dal Teatro d’Aosta, non aggiungerà nulla di nuovo, perché un mito come quello di Pippi è impossibile da reinventare, e infatti ritroviamo la ragazzina coi codini rossi e le calze spaiate, Zietto e signor Nilsson, l’inconfondibile Villa Villacolle, e tutte le note bizzarrie della “bambina marina-scuola”più famosa del mondo. L’obbiettivo dello spettacolo non è certo quello di riscrivere un classico, piuttosto di raccontarlo ai bimbi delle nuove generazioni in una maniera più intima, “a tu per tu con Pippi”. Sicuramente i giovanissimi spettatori si sono divertiti un mondo a dialogare con il personaggio: “Pippi si dice ALFABETO”, “Pippi attenta! arriva uno squalo!”, “Pippi devi andare a dormire!”, cosa impossibile quando si guarda un episodio alla televisione. 
L’aspetto più interessante dello spettacolo è l’uso dei cartoni animati. Stefania Ventura è la sola attrice in scena, con lei interagiscono delle proiezioni video: Tommy, Annika e gli altri personaggi appaiono come animazioni su un fondale. Scelta registica che aumenta la sensazione nello spettatore di entrare nell’universo privato di Pippi.
Come farebbe qualsiasi bambino nella sua cameretta, lei ci racconta il suo mondo e le sue fantasie, ci presenta gli amici, ci svela le paure e le debolezze.


ANTARTICA- LO STRAORDIANARIO VIAGGIO DI SHACKLETON
Ondateatro
visto presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani

Nel nero scenico l'unica cosa ad apparire è un telo bianco appeso in graticcia. Davanti a questo Silvia Elena Montagnini, sotto giochi di luce, ci racconta di questa storia vera.
Ernest Shackelton è uno di quegli uomini che a casa non ci stanno, esploratore di grande esperienza con lo sguardo abituato a guardare l'orizzonte libero. Senza alcuna garanzia sul buon esito della missione, ha il sogno di raggiungere il continente Antartico per poi attraversarlo a piedi. Il 9 agosto 1914 salpa da Londra con la nave Endurance(Resitenza) e ventisette membri dell'equipaggio; i discorsi di due di loro talvolta suggeriscono le battute alla narratrice. La meta è lontana ma l'Endurance è bloccata dai ghiacci, ci sono troppe falle e troppa acqua da pompare; bisogna abbandonare la nave e sta per arrivare l'inverno antartico ossia mesi di buio totale: o si impazzisce o si trova qualcosa da fare. Teatro, Bridge, lezioni di banjo...
Colei che racconta si toglie le scarpe e mette i piedi sul ghiaccio. Si costruiscono igloo: l'obiettivo ora è sopravvivere. La nave è un puntino nero in mezzo al bianco dell'Antartide.
L'equipaggio non può tornare a casa unito, va diviso, ma tutti devono sopravvivere.

Quando si ha a che fare con la natura ogni tanto bisogna aspettare. Ecco il sole ed ecco il molo da dove si era salpati.

Solo dopo aver salvato tutti e ventisette i suoi compagni di squadra, Shackelton morì d'infarto. La Prima Guerra Mondiale mise in secondo piano questa vicenda di cui oggi abbiamo ancora immagini e riprese.


AN 



IL RE PESCATORE - la leggenda del tempo

visto presso la  Casa Teatro Ragazzi e Giovani il 17 Aprile 2013

scritto e diretto da Alessandro Pisci e Pasquale Buonarota 
con Alessandro Pisci, Pasquale Buonarota, Elena Campanella

Lorenzo, prima elementare "Era bellissimo, gli effetti del drago erano bellissimi" Mattia "E tutto il resto ci ha fatto ridere! "
Lorenzo "Sì, faceva tutto ridere! E poi io so che cellulare hanno usato perché ha la stessa suoneria di quello di mia mamma, vabbè, ma non era fondamentale …"
Sapete quali erano i mirabolanti "effetti del drago"? Quelli che hanno incantato il piccolo Lorenzo? Un ombrello, due lampadine a led, dei teli bianchi e una sagoma di cartone. Alla faccia del 3D. Sì, perché il teatro per bambini, spesso, ci ricorda qual è la vera magia del teatro. La sorpresa che sta nelle cose piccole, semplici: un calzino che diventa un fiore "profumatissimo", una valigia che diventa un castello, una figlia che diventa un pesciolino perché il suo papà è troppo impegnato a governare, e si dimentica di giocare con lei. Che bella la scenografia (Lucio Diana, non si smentisce mai), che belli i costumi (di Federica Genovesi, cui lo spettacolo, è - purtroppo- dedicato). Che belle le voci - e come sono divertenti questi signori attori - che ci accompagnano in una storia un po' sogno, un po' che di acqua non ne passa mai abbastanza sotto i ponti, e il tempo perduto, è quello di sempre. Qualche lucina natalizia di troppo. Ma io sono una grande e il mio parere, s'intende, vale quel che vale.

GM




JACK FRUSCIANTE E' USCITO DAL GRUPPO

Assemblea Teatro
visto presso il Teatro Agnelli


"Jack Frusciante è uscito dal gruppo" è l'improbabile storia d'amore fra il vecchio Alex e Adelaide, ma è anche il racconto di un gruppo di amici, la punk band Funky Village (la quale suonano dal vivo), che rispetto agli "altri" non si sentono migliori ma diversi. E' all'interno del garage dove loro suonano che sembra essere ambientata la vicenda.

Le lotte contro gli anziani che li ritengono sfaticati e senza ideali solo per non aver preso parte ad una guerra, contro gli adulti che non ci arrivano e basta, contro gli "altri" adolescenti per i quali vige la regola del più forte e contro le ragazze che non te la danno.
La band trova riparo nella musica, il vecchio Alex sulla bicicletta, Adelaide forse in America.
"Jack Frusciante è uscito dal gruppo" è un bel ritratto di quella fase della vita che è l'adolescenza in cui si hanno due vite: quella che vedono tutti e quella che si vive con il proprio io, nelle quali ogni momento è accompagnato da una canzone Red Hot Chili Pappers, Clash o Vasco Rossi che sia.
"Jack Frusciante è uscito dal gruppo" ricorda Giovanni Falcone.



"PAROLE E SASSI", il racconto di Antigone per le nuove generazioni
Collettivo Progetto Antigone
Con Patrizia Camatel
Regia di Letizia Quintavalla
Ideazione e drammaturgia di Letizia Quintavalla, Patrizia Romeo, Agnese Scotti, Rosanna Sfragara


“Parole e sassi”, il racconto di Antigone per le nuove generazioni, realizzato dal Teatro degli Acerbi, inizia con la promessa di rispettare un patto e cioè di narrare questa storia a qualcun altro, a una persona cara. Ci sentiamo portavoci di un racconto mitico che da 2500 anni solleva riflessioni. I personaggi di Tebe sono rappresentati dai sassi e la narratrice/interprete è Patrizia Camatel. Prendiamo subito confidenza con le pietre e con poche descrizioni riusciamo a visualizzare le fattezze dei protagonisti, come i capelli bianchi di Creonte e il coraggio della giovane Antigone. I gesti sono essenziali e studiati: basta che l’ attrice abbassi la testa e davanti ai nostri occhi appare l’ indovino Tiresia.
Le parole sono tante e i sassi prendono vita, hanno una loro anima.
Una storia tragica dal finale amaro, ma raccontata con delicatezza: arriva direttamente al cuore ed è facilmente comprensibile, a tratti educativa. Alla fine, riconoscendo i nomi dei personaggi capiamo che la storia è diventata anche nostra e ora siamo pronti per raccontarla. Interpretata da 18 attrici differenti, una per ogni regione, è per tutti: per le nuove generazione, ma anche per le vecchie.
Ora siamo davvero pronti a raccontare il tragico racconto di una giovane e coraggiosa ragazza, mentre cade ‘la grande quiete triste su Tebe’.
CV

GALOU LE BERGER
visto presso la Casa Teatro Ragazzi e Giovani di Torino, il 13 Aprile 2013





Galou le berger della Compagnie 3 Chardons è una favola innocente, adatta a un pubblico di piccolissimi, che insegna l’importanza dei legami e delle responsabilità. Galou è un bambino che vuole fare il pastore per poter indossare un mantello, un grande cappello, suonare il flauto e vivere sulla montagna, ma presto imparerà che un pastore ha dei compiti: guidare e proteggere il gregge. Il bambino dovrà vegliare sul sonno di un agnellino imparando a difenderlo dalle ombre della notte con la musica del flauto.
Galou avvolge il suo “petit mouton” nel mantello rosso mentre la notte avanza. Mostra di avere un ruolo di responsabilità verso un amico più debole. La morale è che bisogna essere coraggiosi non solo per noi stessi ma anche per i compagni.
Lo spettacolo è in francese ma Fabien Chabanne, che parla un po’ di italiano, non ha problemi a farsi capire dai bambini, li convince a cantare in francese e il risultato è comico, e poi a suonare un flauto immaginario – anche se, una bambina giustamente, ribatte che non possono suonare perché non c’è nessun flauto – , e allora Fabien insegna loro a intonare la nota La, e poi intervengono burattini, pupazzi e ombre paurose fatte con le lenzuola. Uno spettacolo delicato che diverte ma può anche spazientire i bimbi più vivaci. Chi lavora nel teatro per ragazzi sa che quello dei bambini è un pubblico esigente e sincero.
Di Galou le berger esiste anche il libro illustrato di Jean-Pierre Idatte che Fabien ha gentilmente autografato con dedica anche a me che sono un po’ grandicella.
FC




La Giuria GIOCATEATRO dell'edizione 2013, Torino 12 -21 aprile


Ecco la Giuria che ha enunciato il verdetto finale.
In ordine da sinistra a destra:

Patrizia Marchisio - Sistema Teatro Torino

Antonella Baldi - Divisione Cultura e Educazione della Città di Torino

Alice Zullo - Fondazione Paideia Onlus

Patrizia Mariotti Geuna - Centro Studi Teatro Ragazzi "Gian Renzo Morteo" della Città di Torino

Franca Cassine La Stampa

Donatella Peruzza - Assessorato Cultura della Regione Piemonte

Ha assegnato i seguenti riconoscimenti: 

Menzione speciale allo spettacolo ANTARTICA- LO STRAORDIANARIO VIAGGIO DI SHACKLETON della compagnia ONDA TEATRO per il lavoro drammaturgico dalla straordinaria capacità evocativa e per il forte impatto emotivo.

Menzione speciale a B COME BABAU della compagnia NON SOLO TEATRO per lo spettacolo frutto di un percorso di ricerca e attenzione costante e sensibile dell'animo infantile.

Premio per il miglior spettacolo a IL GIOCO DEL LUPO della compagnia TEATRO DISTINTO.
Uno spettacolo poetico e divertente caratterizzato da originalità e coerenza drammaturgica.
I pupazzi/oggetti partecipano al gioco teatrale con un sottile senso del comico, sottolineato dall'espressività e precisa gestualità degli interpreti.
Il TeatroDistinto riesce, attraverso un linguaggio semplice e pulito, a veicolare una pluralità di messaggi. 


10 commenti:

  1. Sono la coreografa e danzatrice solitaria. Che a volte amerebbe anche andare in scena con tanti altri ballerini, ma come tu evidentemente non sai - nonostante il vostro blog sostenga di sostenere la cultura - la cultura di questi tempi non è molto economicamente sostenuta e portare in giro uno spettacolo che coinvolga più di 2-3 persone per una compagnia indipendente è impossibile. Stesso discorso per i costumi, mi dispiace di non aver chiamato Versace a farmeli. Non sarebbe comunque il mio stile. Non ho voglia di rispondere a tutte le cose che scrivi perché mi piace discutere con chi fa critiche costruttive e non con chi ha la presunzione di aver la verità in tasca e di sapere come si fa uno spettacolo bello (il che emerge anche da altre "recensioni” su questo blog). Saper come si fa uno spettacolo, questo è il mestiere dei registi, tu fai il regista? Il mestiere del critico credo sia un altro. Ma mi pare non sia ancora proprio il tuo mestiere. Il nostro spettacolo ha sicuramente dei difetti, di cui sono conscia (per esempio la tecnologia low cost, vedi sopra) ma sono sicura che non è “propinare qualunque cosa”. Il vostro blog dichiara che per sapere se uno spettacolo è bello o brutto bisogna farlo vedere ai bambini: se questo è il criterio, devo deluderti, prima di Giocateatro abbiamo presentato lo spettacolo a più di mille bambini di varie età (14 repliche) e si sono molto divertiti. In ultimo: noi teatranti ci mettiamo la faccia, ogni giorno e nel vero senso della parola, potresti avere il coraggio di firmare con nome e cognome? Sarei felice di avere anche il tuo CV, per sapere che esperienza hai alle spalle per permetterti di "stroncare" una creazione con tanta leggerezza. Se ti senti in grado di confrontarti civilmente di persona ne sarò felice, chiedi pure i miei recapiti a Massimo Calì, lo avvertirò che nel caso è autorizzato a darteli.
    Paola Chiama

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  2. Complimenti per aver cancellato il mio commento, lo pubblicheró.

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  3. Corrado F. ha scritto: "mai letti tanti errori così in venti righe"

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  4. Desolante vedere come un anonimo che si arroga il diritto di giudicare il lavoro di professionisti
    che sono in scena da più di vent'anni non si premuri nemmeno di imparare a scrivere in italiano corretto
    prima di farlo. Come inizio per il tuo lavoro di critico o critica non c'è niente male. Purtroppo quando ci si avventura in giudizi così apodittici (sai cosa vuol dire?) bisognerebbe fare un po' più di attenzione alla propria integrità altrimenti si finisce per cadere nel ridicolo. Al di là di questo, il tuo tentativo di analisi è piuttosto raffazzonato e tutto sommato inutile, poco male, non ti avrà rubato troppo tempo e impegno (e si vede), però purtroppo danneggia in qualche modo chi invece di tempo al suo lavoro ne ha dedicato tanto e ci crede. Spero che desisterai dal voler continuare a intraprendere questo mestiere perché di critici teatrali che stroncano un lavoro alla sua nascita con tanta superficialità il nostro mondo non ne ha bisogno. Che peccato che il primo commento scritto che vedo dello spettacolo di Paola e Simona sia il tuo. Lo dico per quelli che hanno visto lo spettacolo prima di Giocateatro (centinaia di bambini della scuola primaria che si sono divertiti parecchio) ma soprattutto per quelli che non lo hanno ancora visto e che magari lo apprezzerebbero, non ultimi gli operatori, da cui in parte dipendiamo per la distribuzione dei nostri spettacoli e quindi per la nostra sopravvivenza.
    Mi chiedo che tipo di analisi ci si possa aspettare da qualcuno che va vedere uno spettacolo basato sull'interazione danza e video e che esordisce con:"partiamo dal fatto, puramente soggettivo, che a me le proiezioni non piacciono". Caro anonimo se ti fossi presa/o la briga di parlarci e farci delle domande come qualunque critico serio farebbe, o almeno se ti fossi presa/o il tempo per leggere il programma di sala,avresti scoperto che esiste la versione per nidi e materne di 25 minuti, durata originale dello spettacolo. L'organizzazione ha chiesto di allungarlo per motivi più legati al mondo adulto che non a quello dell'infanzia, e così è stato fatto. Alla fine della manifestazione ci è stato detto (a questo servono i feedback del pubblico e dei critici seri) che avevamo ragione noi, troppo lungo. Probabilmente la durata giusta sarà una via di mezzo. Comunque lo spettacolo non dura un'ora ma 43 minuti. Che dire d'altro? Ti ho dedicato anche troppo tempo. Spero che questo blog venga inondato di commenti di quelli che lo spettacolo lo hanno visto veramente e mi rammarico di non averti potuto incontrare di persona e di non sapere nemmeno chi sei dal momento che firmi soltanto con le iniziali. Peccato, come esordio, sei abbastanza deludente. Comunque grazie per avermi fornito la possibilità di scrivere la mia prima stroncatura di una critica. E' stato molto divertente.
    E vorrai scusarmi se ho esagerato un po’, ma devo difendere il nostro lavoro.
    P.S. Se vuoi fare una miglior figura ti suggerisco queste correzioni: "Non mi piacciono, ameno che non siano assolutamente sono perfette". Credo volessi scrivere: "Non mi piacciono, a meno che non siano assolutamente perfette". Poi "li posso contare sulle dita di una mano le volte che in uno spettacolo"
    meglio mantenere la concordanza. Fai così: "Le posso contare ..." oppure "Posso contarle...". Questo per la grammatica. Per la lingua meglio: "spettacolo con videoproiezione" o "multimediale" (anche se quest'ultimo termine è brutto e abusato). Scrivere "uno spettacolo "proiettato"" anche se si mette "proiettato" fra virgolette più che una scelta stilistica sembra la scelta pretenziosa di qualcuno che non sa scrivere. E mi fermo qui parafrasandoti
    Le parole a volte sono rischiose. Vanno usate con cura e misura. E in questo caso, spiace dirlo, non c'era cura né misura. Va bene, basta. La smetto. Come avresti dovuto fare tu, prima di iniziare.
    Massimo Giovara

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  5. Egregio signor Giovara,
    Ho appena letto la sua mail e mi presento : sono Giulia Miniati. Sono molto contenta che abbia letto il mio articolo e che mi abbia risposto, segnalandomi errori (di forma e sostanza ) che non mancherò di correggere. Come Lei ben sa, i tempi del festival sono stati serrati : il vostro spettacolo mi è capitato tra le grinfie e non ho potuto approfondire. A onor del vero, sono anche andata a cercare il sito della compagnia ma non l'ho trovato, ho dedotto che il lavoro doveva essere frutto di una collaborazione temporanea e sono partita da zero. Tuttavia, nonostante la mia giovane età (ho ventitré anni) è da quando ho dodici anni che dedico tutto il mio tempo (libero e non) al grande amore della mia vita : il teatro. Nonostante abbia ancora moltissimo da imparare, lo so, non mi ritengo propriamente inesperta : vedo tanti spettacoli teatrali, ma proprio tanti, leggo, guardo tanti video, cerco di essere il più informata possibile.
    Detto questo, mi rendo conto che i toni del mio commento sono un po' accesi, ma ho cercato di dare un taglio personale per non dare giudizi apodittici (anche se, come Lei mi fa notare, non ci sono riuscita) : è quello che faccio quando vedo uno spettacolo che non mi piace : non nego la possibilità ad altri di farselo piacere, ma voglio dire quello che penso.
    E quello che ho scritto è proprio quello che penso e che ho pensato vedendo lo spettacolo. Mi spiace, ma proprio non mi è piaciuto. Dovevo recensirlo e ho dovuto scegliere se fare finta di aver visto qualcosa che mi fosse piaciuto oppure no e scrivere la mia "verità", che rimane la mia.
    Tuttavia, sarei molto contenta se mi inoltrasse un link per conoscere meglio quale è stato il vostro lavoro in questi anni e se mi inserisse in una vostra mailing list per segnalarmi i vostri prossimi spettacoli : sarei felice di assistere. In questo modo potremmo conoscerci, confrontarci (se può farVi piacere) e potrei vedere aspetti del vostro lavoro che non conosco e che sono curiosa di scoprire.
    la mia mail è miniati.giulia@gmail.com

    cordiali saluti
    Giulia Miniati

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  6. Partiamo dal fatto che la parola "proiezioni" sta a significare che si utilizza un videoproiettore, con cui si può proiettare di tutto : un film, delle immagini, dei video, ecc…
    In questo caso sarebbe più appropriato scrivere “cartone animato o video animazione”.
    Piccole narrazioni animate con cui la danzatrice gioca ed interagisce, intercalando momenti in cui si immerge nelle stesse e momenti in cui danza creando sagome colorate …
    La scelta stilistica è ovviamente legata al mondo infantile, ci sono forme colorate che si alternano con disegni in bianco e nero, che si creano animandosi:
    un mondo fantastico in continua trasformazione. Da qui la scelta di soggetti diversi e di piccoli racconti.
    I 1500 bambini che hanno assistito a questo spettacolo ci hanno rimandato delle impressioni scritte e disegnate in cui ognuno di loro si ritrovava e ognuno di loro si è immerso in questo mondo con attenzione e divertendosi. Quello che raccontavano e chiedevano alla fine dello spettacolo si è mostrato di un’acutezza che noi adulti con le nostre mode e la nostra arroganza abbiamo dimenticato.
    Per immergersi in un’esperienza artistica bisogna avere gli occhi e lo spirito dei fanciulli.
    Con quanta leggerezza si può denigrare un lavoro di cinema d’animazione, che non credo che tu conosca minimamente, dal momento che hai usato termini assolutamente inappropriati per descriverlo.
    L’unica persona che non ha usato né cura nè misura sei stata tu anonima criticona!
    Simona Balma Mion

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  7. Paola Monaci Responsabile del Progetto Mus-e Torino
    Ho ritenuto un'importante esperienza per i bambini Mus-e vedere i loro laboratori trasformersi in un vero spettacolo: la danza, l'animazione, le forme, il colore, la fantasia ed i loro maestri esserne gli interpreti/attori, artisti di alta professionalità che da anni lavorano per e con i bambini. Così 1500 bambini del primo ciclo di scuola primaria delle classi Mus-e hanno assistito gratuitamente alla spettacolo "Apriti sesamo"
    I loro commenti e le loro osservazioni sia in sala che successivemente inviati con scritti e disegni hanno dimostrato che non solo si sono divertiti ma hanno saputo cogliere e rielaborare gli stimoli dello spettacolo, come invece un adulto e tanto meno chi ha l'arroganza di spacciarsi per critico teatrale, non è in grado di fare.
    Uno spettacolo può non piacere, uno spettatore è libero di esprimere qualsiasi giudizio ma un critico, prima di "sparare" , ha il dovere di conoscere, documentarsi, approfondire.
    Due cose mi hanno particolarmente colpita nel leggere la "recensione" dello spettacolo:
    - la scorrettezza linguistica, gli errori grammaticali e l'imprecisione del linguaggio tecnico (Per fortuna qualcuno si è preso la briga di correggere) Ma l'anonimo autore non si vergogna di scrivere così male?
    - che il Teatro Ragazzi affidi la recensione degli spettacoli di una rassegna così importante e di qualità a persone, a mio avviso, così poco professionali.
    Ritengo che la recensione di uno spettacolo può essere negativa ma con tutt'altro stile e contenuto.

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  8. BuonGiorno a tutti,
    volevo solo scrivere due parole.
    Sono AN Alessio Negro ed anche io scrivo su SciaRada. Mi spiace, ma allo stesso tempo sono contento che sia nata questa discussione perché ciò vuol dire che il blog è stato seguito.
    Anche noi siamo rimasti colpiti dal fatto che la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani ci abbia affidato questo compito ma abbia accettato con tanta energia.
    Nessuno di noi "recensori" si è mai definito un critico e penso che mai lo potremmo fare (almeno a breve); possiamo però guardare e scrivere su quanto abbiamo visto.
    Talvolta magari sbagliamo la forma ma i contenuti sono le impressioni che cosa abbiamo appena visto ci ha suscitato.
    Chiedo scusa per il nostro anonimato, non è voluto è solo che il blog è appena nato e non abbiamo ancora aggiornato la pagina "CHI SIAMO" ma prestissimo lo faremo.
    Ringrazio per le Vostre osservazioni.
    AN anzi Alessio Negro


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  9. Come dice C.V. su questo blog in riflessioni personali del 21 aprile:
    .....Per vedere se uno spettacolo è bello o brutto bisogna sottoporlo all'attenzione di un bimbo....I bambini non applaudono,se uno spettacolo è bello o brutto lo capisci dall'intensità delle risate oppure dal totale silenzio,che li cattura e li fa sognare...

    Durante lo spettacolo Apriti Sesamo i bambini ridevano,sognavano...gli spettatori adulti applaudivano. Questo spettacolo è il frutto di un lungo e faticoso lavoro,ma questa fatica non traspare né appesantisce,si trasforma in leggerezza e immediatezza per meglio parlare al pubblico. Bravi gli autori!
    Benedetta Giaufret

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  10. Buongiorno a tutti.
    Mi scuso se intervengo solo ora,ma gli impegni universitari hanno avuto la meglio. Mi presento: sono Chiara Viviani (CV), una delle ragazze che sta partecipando alla creazione, e nascita, di questo blog. Fino ad oggi non sono stata partecipe alla "polemica" per un semplice fatto: lo spettacolo non l'ho visto di persona e quindi non potevo giudicare e/o intervenire in modo costruttivo. La nostra collega Giulia l'ha visto e ha trascritto ciò che le aveva trasmesso. E' stata una nostra mancanza non controllare gli errori ortografici, ce ne scusiamo, ma ho anche visto che, fin dall' inizio, questo scambio di battute è caduto sul personale( mi riferisco a termini presenti nel primo commento, come ad esempio la parola "personcina"). Ecco, io non metto becco nel giudicare o meno la riuscita di codesto spettacolo, però il fatto di "colpire" sul personale non mi ha garbato. Ripeto che sto giudicando solo dall' esterno, visto che non ho avuto la possibilità di vedere la performance( che ammetto,ora sono curiosa di vedere per potermi fare un' idea!).
    Per quanto riguarda il mio articolo "Riflessioni personali", erano semplicemente dei pensieri detti ad alta voce(in questo caso,scritti con la tastiera). Oltre a studiare, nel periodo estivo lavoro con i bambini e ho imparato a conoscerli e capirli: sono molto sinceri e spontanei e, non credo sia stato un caso, ma i pochi spettacoli che ho visto sono stati sommersi da risate e applausi di bimbi. E tra questi spettacoli(non credo sia stato ancora un caso) c'era anche uno dei vincitori. Se una cosa va bene o no, loro te lo fanno capire in tempo reale, fidatevi che non faranno mai troppi giri di parole( chi di voi ha dei figli oppure interagisce con dei bambini,mi capirà al volo).
    Detto questo, vi auguro una buona giornata e spero in un futuro prossimo di riuscire a vedere questo spettacolo tanto citato.
    Cordiali saluti,
    Chiara Viviani(CV)

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